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Con il presente lavoro avevamo intenzione di offrire una analisi critica dell’enorme bufala che si cela dietro alle cosiddette “Sacre Scritture”, cercando di porre in evidenza le enormi contraddizioni ed aporie presenti in questi antichi miti, i quali hanno determinato massimamente la storia del mondo ma che nessuno dei sedicenti credenti ha la briga di leggere. Fondamentale soprattutto è far crollare le fondamenta stesse di quella follia sempre più diffusa nei paesi occidentali chiamata Creazionismo che ragiona su elementi che essa stessa idolatra ed esalta ma che, proprio per la sua intrinseca incapacità di obbiettività, non conosce affatto. Decostruire i castelli su cui basano la loro infinita arroganza ed ignoranza significa intanto dare più consapevolezza a chi ha subito le loro menzogne, e poi ridare veridicità storica a dei testi che non sono altro che questo: testimonianze storiche di un determinato periodo, senza bisogno di aggiungervi fandonie religiose od altro. Il criterio con cui abbiamo condotto l’analisi non ha niente a che fare con grandi intellettualismi o saccenterie varie: abbiamo agito come due persone normali che leggono il testo e ne scrutano le intrinseche contraddizioni ed aporie, volendo dimostrare che non è necessaria una conoscenza approfondita di determinati argomenti per demolire una favola che va avanti da millenni. Premettiamo che gli autori di questo, ed altri testi che verranno, sono profondamente antiteisti e quindi credono nell’assoluta necessità di abbattere qualsiasi tipo di religione o dogma al fine di liberare l’umanità da fantasie che troppo spesso sono risultate sanguinarie. Si accettano di buon grado annotazioni ed ampliamenti.

La religione è l’oppio dei popoli” [Karl Marx]

I testi che abbiamo utilizzato sono due bibbie stampate l’una nel 1848 e l’altra nel 1955, più una raccolta di vangeli apocrifi edita da Einaudi e pubblicata nel 1990. La traduzione che però si è deciso di utilizzare come confronto e quella di Diodati, in quanto ci è parsa quella più letteraria e maggiormente aderente al senso generale del testo.

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“La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un’opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra.”

[Mao Tse Tung]

Dallo scorso primo Maggio si è accesa nel mondo della comunicazione sociale mainstream una diatriba sugli scontri che si sono verificati in occasione del corteo NoExpo; da bravi cittadini del pensiero democratico, chiunque si è sentito chiamato in causa e ha detto la sua, contribuendo in tal modo a produrre un notevole calderone di idiozie e mistificazioni insulse. Tra chi gridava ai “Black Bloc” (ossia qualsiasi soggetto si vesta di nero con un cappuccio o un casco), chi solidarizzava con le forze del disordine e chi discuteva su quanti anni di carcere i “violenti” si meritassero, ci si è presto dimenticati del fattore basico della partecipazione a quella giornata; sì, perchè tra sessanta milioni di persone che hanno potuto esprimere la loro opinione, i partecipanti effettivi a quel corteo non hanno superato i trentamila, un numero veramente esiguo se si pensa alle catastrofiche previsioni sul possibile reload di Genova 2001 che si riteneva si sarebbe quasi sicuramente verificato. Si parlava di possibili morti, eppure l’unica cosa uscita morta da quel giorno è stata la dignità di quegli idioti che si sono messi in strada il giorno dopo a pulire le scritte da bravi schiavi obbedienti e sottomessi.

Se la matematica non inganna, trentamila su sessanta milioni è circa lo 0,05% della popolazione, quindi una cifra nettamente inferiore alla percentuale delle persone che hanno vomitato sentenze taglienti a destra e a sinistra, pur non conoscendo minimamente le dinamiche.

Eppure, ciò non mi stupisce ed è naturale oggigiorno; lo è in quanto tutti, pur non essendo stati presenti quel primo Maggio, sono abilitati dal sacro Spirito della Libertà d’Espressione a parlare di qualsiasi cosa e criticarla pur non conoscendone neanche i piu’ superficiali sviluppi; lo è in quanto anche tra i “compagni” della “magnifica sinistra” italiana le condanne e le delazioni sono piovute come i lacrimogeni sui manifestanti durante il pomeriggio di quel Venerdì; lo è in quanto si critica ogni azione insurrezionale solo perchè non corrisponde al purismo ideologico di alcune aree politiche “dure” ed “irriducibili” nella loro teoria marxista; lo è in quanto non si comprende che non è piu’ accettabile credere che compiere atti di guerriglia sia controproducente solamente perchè nelle televisioni, o sui media borghesi, in generale ogni azione concreta e diretta viene sventrata, mistificata, dipinta di colori non propri ai nostri fini. Quel primo di Maggio, con tutti i grandi limiti che ha presentato, si è dimostrato che la nostra realtà politica, per quanto possa essere eterogenea e molto spesso diversificata sul piano tattico e pragmatico, presenta elementi determinati e granitici, i quali sono disposti ad andare fino in fondo quando necessario. Ridurre i tafferugli di quel pomeriggio a semplice vandalismo significa non aver afferrato il valore politico di un’azione di annichilimento dell’esistente collettiva, che superava le differenze ideologiche e politiche. Il fatto che quel giorno non ci fossero i famigerati ed inesistenti “Black Bloc”, bensì compagni di varie aree che lottavano fianco a fianco, fa comprendere quanto sul terreno comune dell’insurrezione non vi sia teoria politica che regga: o si combatte o ci si tira indietro. E lì, proprio sotto i lacrimogeni e le sassaiole, c’era la voglia di distruggere alla base questo sistema, non da parte di una avanguardia idealizzata o altro, bensì da parte del proletariato stesso, il quale, essendo presente quel giorno in piazza, ha indirizzato la sua rabbia verso i simboli del potere e del capitalismo. Si può condividere o meno la pratica guerrigliera attuata quel giorno; si può discutere per eoni su quanto sia stata incisiva come lotta pratica; si può anche continuare a rimanere scettici sull’utilità effettiva di tali azioni; quello che non si può fare è condannare in nome di qualsiasi ideologia astratta e surreale una pratica che alcuni compagni hanno utilizzato rischiando la propria pelle. Agire in tal modo significa essere delatori, dissociati; significa essere peggio della borghesia, che tanto si critica con orgoglio sinistroide, e della sua indignazione ipocrita; significa essere infami e reazionari; significa non essere compagni.

Quella Milano ha dato una dimostrazione chiara e lampante di chi ha genuine intenzioni rivoluzionarie e chi, invece, utilizza il dissesto sociale e la lotta di classe come pretesto per effettuare becero entrismo nel potere politico. L’atto insurrezionale, per quanto a Milano questa pratica sia stata comunque isolata e non continuativa, è innegabile che generi un valore aggiunto al nuovo percorso che si sta delineando in questi mesi in Italia, ossia di ribellione sempre piu’ tesa al mutamento reale della condizione in cui versano gli oppressi. Solo con la rivolta si può pensare di generare un cambiamento reale nella strutturazione storica e sociale; solo così si produce quel punto di rottura nella Storia tale da chiamarsi Rivoluzione. Con ciò non si sta idealizzando un evento comunque esiguo come quello di Venerdì; si sta solo cercando di dare il peso che merita ad una forma che la composizione di classe ha assunto in tal giorno e che non riguarda un gruppo isolato di ragazzini esaltati, bensì una intera classe sociale che, incordonata, organizzata e compatta ha espresso e rappresentato la rabbia e l’odio verso lo Stato e il Capitale. Agli opinionisti della domenica lasciamo la briga di credersi nel giusto e nella legalità; noi, invece, ci riprendiamo con furia e determinazione la dignità toltaci da troppo tempo da questa società classista e dal suo lusso provocatore. “Di sconfitta in sconfitta fino alla vittoria finale” [Rosa Luxemburg].

Solidarietà incondizionata agli arrestati e ai fermati.

Onore a tutt* i/le compagn* presenti quel giorno.

A Milano c’eravamo tutt*!

[Di qui l’analisi ottima sulla giornata del primo Maggio di Infoaut.org]

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Ho voluto caricare su Internet questo opuscolo della Cospirazione delle Cellule di Fuoco (CCF) dove vi sono informazioni importanti riguardo questa realtà che in Grecia sta mettendo in grave difficoltà il Capitale e lo Stato. Credo che sia importante diffondere le parole e sopratutto le azioni di questo gruppo anarchico-insurrezionale, sopratutto perchè, per quanto mi riguarda, il nostro movimento negli ultimi tempi sta andando incontro ad un becero riformismo, il quale non fa altro che mettere in seria difficoltà la prospettiva della realizzazione di una realtà antiautoritaria. Chi vi parla, come saprete bene, non è un anarco-individualista e nemmeno condivido, a livello teorico e di prospettive future, tantissimo le posizioni delle CCF. Ciò che però credo vada preso come esempio è la totale abnegazione di queste persone per la loro causa e l’utilizzo della “propaganda col fatto”, cosa che appunto da noi manca ed è assolutamente necessario riscoprire, al fine di far tremare dalle fondamenta il Leviatano e la sua corona. ATTENZIONE, IL CONTENUTO DEL PAMPHLET E’ IN INGLESE; PRESTO SPERO DI RIUSCIRE A FARE UNA TRADUZIONE DEL TUTTO E RENDERLO DISPONIBILE IN ITALIANO; se qualcuno fosse a conoscenza di una versione italiana del testo sarebbe pregato di informarmi nei commenti.

 

Numero pagine: 66

Vi allego un breve estratto:

“About the attacks against

State & Capital and the

Conspiracy of Cells of Fire’

A huge storm of revolt raged through the streets of Greece in December 2008. After the 15 yearold Alexis Grigoropoulos was murdered in coldblood by a cop, riots spread throughout the whole country for several weeks. Hundreds of corporate and government targets were attacked, plunderedand set on fire. Although it was anarchists and anti-authoritarians who took the lead in this storm during the first week after the murder, it spread itself fast and many people got involved in this revolt against miserable living conditions, against the authorities and against the hopelessness offered by this world to the exploited and oppressed. But the revolt didn’t cease at the end of 2008, neither did it start on the day of the murder. The attacks against the structures of State and Capital went on and spread to several smaller towns in Greece. A lot of these attacks were claimed by anarchists and anti-authoritarians,

containing mutual differences and accents. A lot of discussions about the perspectives of insurrection, the new generation of urban guerrilla, targets and spectres, mass and individual… take place through communiqués. On the 24th of September 2009, four people were arrested by the anti-terrorist unit. They were charged with “membership of the Conspiracy of Cells of Fire”, “possession of explosives”, and “terrorism”. The arrests took place one day after an attack against the house of a socialist politician. The police claims to be in possession of fingerprints of the suspects they found on unexploded bombs they found in a ‘safehouse’ in Halandri, Athens (in reality simply the house of comrade Haris Hatzimichelakis). They claim as well to have found pressure cookers, material to make electronic delaying mechanisms and leftovers of explosive material, during the two house searches (the comrades were arrested in two different houses). The four arrested were brought to the prosecutor. One person was released under the condition of remaining available for the investigation, while the other three were transferred to prison awaiting their trial. The prosecutor as well issued a warrant against six other comrades. All six of them were on the run until the morning of 14 March 2011, despite the elaborate manhunts of the police and the roadblocks that were put up in and around Athens for days. About 180 fire attacks and, since a couple of months, artisan [‘homemade’] bombing attacks were carried out under the name of ‘Conspiracy of Cells of Fire’. The attacks targeted banks, car dealers, shopping centres, governmental institutions, police stations, offices of political parties, houses of politicians, judges, criminologists, journalists, private security firms and companies building prisons,… Several coordinated fire attacks took place and some tens of targets got attacked over specific 2- 3 day periods. The claims did not only criticize Capital, State and Authority (in all of their aspects), but also the resignation of the exploited, their herd mentality, their collaboration with the system. They refuse to regard oppression and exploitation as simply being imposed by batons and blackmail, but understand it as a social relation in which all have their responsibility–and make or don’t make the choice to fight against it. The communiqué which starts this collection of letters and texts claims an attack against an election meeting of the ex-prime minister Karamanlis that took place on the eve of the elections and it provides a starting point for understanding the ideas and practice of the CCF. An artisan bomb was put in a garbage container next to the building where the meeting took place. The meeting was evicted and the spectacle of power shattered. On the 4th of October 2009, the socialists of the PASOK won the elections. Together with the Green Party they formed the government. One of the first measures they took was sending an overwhelming police force to Exarchia, a neighbourhood in Athens where the anarchists and antiauthoritarians are very strong. This police force stayed for several days in order to pacify the situation. The socialists, in the best of their traditions, made the struggle against the anarchists and the spread of the attacks an important issue on their agenda… By publishing these communiqués, letters and articles about the activities and ideas of the ‘Conspiracy of Cells of Fire’ and also the associated repressive wave in Greece, we want in the first place to offer people the possibility to learn about their ideas and actions, to discuss them and to use them as a basis for consciousness and revolutionary solidarity. The first step in developing a revolutionary solidarity always has to be the examination of and discussion about the ideas, actions and reasons for acting of arrested comrades. Whilst this publication can of course only offer a partial view upon the situation and topics, it is produced in the spirit of rebellion which fuels the total war against domination. It is an unfinished document that seeks collaboration through acts of refusal. The international call which has been circulated for the subversive formation of an International Revolutionary Front / Informal Anarchist Federation (Global), which is based on the principles of international solidarity, permanent subversion and constant conflict should be discussed, debated and acted upon without delay. We hope these translations contribute to this. The contents are arranged into various sections, grouped by theme rather than chronology, although as much as possible we’ve selected the sections to flow naturally with time-scale, with comradeprisoners letters following the November repression coverage, then the actions/call for a revolutionary international informalorganisation, penultimately, the letters-of solidarity exchange with the Chilean anarchist comrades and the eco-anarchist Silvia Guerin, finishing with a section containing details of the acts of revolutionary solidarity.”

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